Accettazione della remissione di querela. In quale modo deve essere espressa?

Accettazione della remissione di querela. In quale modo deve essere espressa?
04 Giugno 2019: Accettazione della remissione di querela. In quale modo deve essere espressa? 04 Giugno 2019

Il Giudice di Pace di Bari dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, al quale veniva contestato il reato di diffamazione per aver offeso la reputazione di R.D., per estinzione del reato a seguito di rinuncia al ricorso da parte del ricorrente.

In sede di udienza le parti così concludevano:  il difensore della parte offesa dichiarava di rinunciare al ricorso introduttivo, ovvero al ricorso immediato; il pubblico ministero concludeva per la declaratoria di non doversi procedere per remissione della querela ed in subordine, previa derubricazione nel reato di ingiuria, chiedeva di non doversi procedere per intervenuta depenalizzazione dell’art. 594 c.p.; il difensore dell’imputato, infine, chiedeva l’assoluzione per perché il fatto non sussiste con condanna per il ricorrente al pagamento delle spese sostenute per il giudizio, nonché al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 542 c.p.p..

Le conclusioni rassegnate dal difensore dell’imputato possono essere intese come implicito rifiuto all’accettazione della remissione di querela?

E’ su questo motivo di doglianza che si è pronunciata negativamente la Corte di Cassazione, sez. V Penale, con sentenza n. 20529/19.

Le sole conclusioni del difensore dell’imputato, che chiedeva una pronuncia di assoluzione piena per il proprio assistito, non valevano a rappresentare una volontà implicita di ricusazione della remissione.

Ad assumere rilievo, invece, era stato il comportamento processuale dell’imputato che, presente in udienza, avrebbe dovuto esprimere apertamente il proprio rifiuto, chiedendo la prosecuzione del giudizio.

La sentenza richiama un principio già efficacemente espresso dalle Sezioni Unite: nonostante l’art. 155 c.p. sia intitolato “accettazione della remissione”, ciò che normativamente si richiede è che il querelato non abbia “espressamente o tacitamente” ricusato la remissione. Pertanto, il comportamento concludente preso in considerazione dall’art. 155, comma 1, c.p., non è quello attraverso cui si renda percepibile una adesione del querelato alla remissione di querela, ma attiene a una tacita volontà diretta ad impedirla. In assenza di questa la remissione esplica la sua efficacia.

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