Anche per il Tribunale di Treviso l’assegno divorzile non è finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita coniugale

Anche per il Tribunale di Treviso l’assegno divorzile non è finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita coniugale
05 Marzo 2019: Anche per il Tribunale di Treviso l’assegno divorzile non è finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita coniugale 05 Marzo 2019

IL CASO. Tizio proponeva, avanti il Tribunale di Treviso, ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con Caia, chiedendo, tra l’altro, che non fosse riconosciuto alcun assegno divorzile in favore del coniuge, in quanto economicamente autosufficiente.

Si costituiva in giudizio Caia, chiedendo, invece, che venisse disposto “in suo favore un assegno mensile di divorzio di almeno E 500,00”.

A fondamento della propria domanda, rappresentava “- da una parte - la differente situazione reddituale rispetto a quella [di Tizio] (percependo uno stipendio mensile di E 962,02 a fronte della retribuzione di E 1.836,24 del marito, proprietario, altresì, di un immobile del valore stimato di E 200.000,00) - e dall'altra - la spettanza dell'assegno divorzile in ragione dei criteri risarcitorio e assistenziale di cui all'art. 5 L. 898/70”.

LA DECISIONE. Il Tribunale di Treviso, con la sentenza n. 2421 del 2018, ha premesso che “l'unica questione controversa rimane[va] quella legata all'assegno divorzile in favore della moglie”.

Al riguardo, il Collegio ha dato rilievo alla circostanza “che [Caia] conviv[esse] con il nuovo compagno”, in quanto “è opinione diffusa della giurisprudenza di legittimità che la formazione di una famiglia di fatto esprima una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto, e quindi, esclude ogni residua solidarietà patrimoniale con l'altro coniuge (ex plurimis, Cass. 6855/2015; Cass. 2709/2009)”.

Ciò che ha ritenuto sarebbe bastato a giustificare il rigetto della domanda della resistente.

Tuttavia, il Tribunale trevigiano non si è limitato a tale considerazione ed ha, comunque, colto l’occasione per analizzare la problematica dell’assegno divorzile.

In particolare, ha richiamato il principio di diritto elaborato dalla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 18287/2018, con un passaggio che merita di essere riportato per esteso:

Nelle more del giudizio, è intervenuta la sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha riconosciuto all'assegno divorzile una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, non (..) finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi, confermando così il definitivo superamento del criterio di attribuzione dell'assegno divorzile come strumentale al mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (ponendosi, da questo punto di vista, nel solco tracciato dalla precedente sentenza della Cassazione n. 11504/2017).

Più in dettaglio, le Sezioni Unite hanno affermato che l'intrinseca relatività del criterio dell'adeguatezza dei mezzi e l'esigenza di pervenire ad un giudizio comparativo desumibile proprio dalla scelta legislativa, non casuale, di questo peculiare parametro (induce) ad un'esegesi dell'art. 5, comma 6 L. 898/70 diversa da quella degli orientamenti passati. Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico - patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro”.

Il Tribunale ha concluso che, “anche applicando tale principio di diritto, il Collegio [riteneva] l'insussistenza dei presupposti per disporre un assegno divorzile in favore della resistente” per le seguenti ragioni:

“[Caia] - che all'udienza presidenziale ha dichiarato di lavorare presso un supermercato, con contratto part-time a tempo indeterminato - nell'anno di imposta 2015, ha avuto redditi da lavoro dipendente per E 14.665,00 (con applicazione di un'imposta lorda di E 3.373,00), pari a circa E 940,00 mensili; la resistente vive nella casa di proprietà del compagno, Fa. Za. (del quale non ha provato lo stato di disoccupazione).

Viceversa, risulta che [Tizio] nell'anno di imposta 2014, ha avuto redditi da loro dipendente per E 29.167,15 (con applicazione di un'imposta lorda di E 7.403,52), pari a circa E 1.800,00 mensili; inoltre, il ricorrente risulta essere proprietario di un immobile acquistato al prezzo di E 93.000,00 e pro quota (1/9 ovvero 2/9) di alcuni immobili oggetto della successione materna (la cui massa immobiliare e mobiliare è stata stimata in complessivi E 40.210,00).

Risulta, inoltre, che è stata venduta la casa coniugale, in comproprietà delle parti.

Non sono noti, invece, gli aspetti legati alle aspirazioni lavorative dei coniugi, né agli eventuali sacrifici e o rinunce posti in essere in funzione della famiglia; nemmeno è stato chiarito se la moglie, in costanza di matrimonio (cioè, dal 1988), abbia sempre lavorato.

Non sono state indagate nemmeno le ragioni della separazione (avendo le parti formulato istanze generiche sul punto), pronunciata, peraltro, su ricorso consensuale dei coniugi (senza menzione di eventuali profili di addebito)”.

Il Tribunale ha, quindi, concluso che, “nell'insufficienza del (solo) criterio della disparità reddituale dei coniugi, [era] evidente l'assenza di elementi che [potessero] giustificare il riconoscimento dell'assegno divorzile richiesto dalla resistente (anche) in virtù del richiamato nuovo orientamento della Corte di Cassazione” e, per queste ragioni, ha rigettato la domanda di assegno divorzile.

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