La clausola claims made è davvero vessatoria?

La clausola claims made è davvero vessatoria?
23 Dicembre 2015: La clausola claims made è davvero vessatoria? 23 Dicembre 2015

Con la sentenza n. 22891 del 10.11.2015 la terza sezione della Cassazione ritorna sul sulle questioni sollevate dalla clausola claims made e lo fa ribadendo il principio per cui la sua vessatorietà non debba essere valutata in astratto, giustificandola con una sua contrarietà al disposto del primo comma dell’art. 1917 c.c., bensì in concreto, valutando il contenuto del contratto stipulato dalle parti. La Cassazione conferma la decisione della Corte territoriale, che aveva ritenuto inefficace la clausola, correggendone la motivazione. Come già aveva affermato nel suo unico precedente in materia (n. 5624/2005), la Cassazione nega che la claims made produca di per sé sola l’inefficacia o la nullità del contratto, ma osserva che essa deroga al disposto del primo comma dell’art. 1917 c.c. (che l’art. 1932 non comprende fra le disposizioni dichiarate inderogabili), producendo l’effetto di attribuire a quello stipulato tra le parti la natura di contratto atipico (art. 1322 c.c.). Ne conseguirebbe che, secondo la Corte, che la sua eventuale vessatorietà dovrebbe essere valutata utilizzando come “metro” la sua idoneità a minare l’equilibrio delle prestazioni previste dal contratto di assicurazione. A questo fine occorrerebbe indagare quale “significato” la claims made venga ad assumere “nell’economia complessiva della polizza anche in rapporto alle altre clausole” contrattuali. Nel caso esaminato la sussistenza della vessatorietà dell’art. 23 del contratto, che limitava la garanzia assicurativa alle sole richieste risarcitorie avanzate dall’assicurato nel periodo di vigenza del rapporto contrattuale, viene ritenuta dalla Corte per il fatto che tale previsione aveva prodotto l’effetto di “restringere” l’operatività della garanzia rispetto all’oggetto dell’assicurazione definito dagli artt. 1 e 22 delle condizioni generali. L’argomentare della Corte suscita gravi perplessità, posto che l’art. 1341 c.c. classifica come vessatorie le sole clausole che limitano la responsabilità del predisponente, mentre la delimitazione dell’oggetto contrattuale prevista dalla clausola claims made delimita, per l’appunto, solo quest’ultimo. Pertanto non è dato comprendere come la mera determinazione dell’oggetto dell’assicurazione, prevista dall’art. 1905 c.c. quale naturale connotato del contratto, o la mera traslazione del contratto nella categoria dei negozi atipici (quale ipotizzata dalla Cassazione) che la clausola provocherebbe, possa qualificarla come vessatoria. Né pare che la vessatorietà della clausola possa dipendere dalla tecnica redazionale del contratto, e cioè dalla modalità con la quale vengano indicati i “limiti” della garanzia assicurativa, ai fini dell’art. 1905 c.c.. In altre parole, non sembra proprio che un testo contrattuale nel quale la limitazione prevista dalla claims made sia contenuta in una clausola diversa rispetto a quella che definisce in termini più generali l’oggetto della garanzia possa produrre l’effetto di limitare la responsabilità per inadempimento dell’assicuratore, anziché l’oggetto stesso del contratto… Risulta chiaro allora che la decisione della Cassazione, più che un controllo sulla vessatorietà della clausola claims made “in concreto” stipulata dalle parti, teorizza la possibilità di un controllo giudiziale sull’oggetto stesso del contratto, di certo non previsto da alcuna fonte normativa.

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