Il danno da "fermo tecnico" e la genesi del danno risarcibile nella giurisprudenza

Il danno da
30 Dicembre 2012: Il danno da 30 Dicembre 2012

Da: "La Responsabilità civile"Dicembre - 2012  Quello da “fermo tecnico” appartiene alla categoria dei danni da “temporanea privazione del godimento di un bene” ed è integrato non già dalla perdita o diminuzione del suo “valore di scambio”, bensì dalla temporanea privazione del suo “valore d’uso”. La modestia dei valori in gioco per il danno da “fermo tecnico” oggetto della singola controversia contrasta con l’importanza macroeconomica dei danni in questione e l’interesse che rivestono le questioni giuridiche ad esso sottese, che investono la nozione stessa di danno risarcibile. I contrapposti orientamenti giurisprudenziali che si fronteggiano lo identificano uno come un danno in re ipsa, coincidente con la mera privazione del veicolo durante il tempo necessario per ripararlo, e l’altro come un danno-conseguenza, consistente nella frustrazione della necessità del proprietario di utilizzare il veicolo per soddisfare i propri bisogni di mobilità che questi subisce a causa della sua indisponibilità. La Cassazione civile ha da tempo avviato un processo di revisione della nozione di danno risarcibile improntata al definitivo superamento del concetto di danno-evento o danno in re ipsa, consistente nella mera lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento, ed alla sua identificazione nei danni-conseguenza, intesi quali concreti pregiudizi che a quella lesione conseguono. Tale revisione ha investito molte fattispecie di danno, sia non patrimoniale che patrimoniale, e non può certo ignorare quella del danno da “fermo tecnico”, la cui qualificazione quale danno-conseguenza implica una soluzione ben precisa delle questioni pratiche inerenti all’identificazione del concreto pregiudizio subito dal danneggiato ed alla sua prova. Ferma restando la improponibilità di un danno da “fermo tecnico” in re ipsa, comunque dissimulato, il pregiudizio subito dal proprietario del veicolo che, in questo caso, consegue alla sua temporanea indisponibilità e consiste nella impossibilità di utilizzarlo per soddisfare i propri concreti bisogni di mobilità. Un approfondito esame delle circostanze di fatto che normalmente connotano la fattispecie non consente di ritenere, con ragionevole probabilità, che tale impossibilità consegua necessariamente alla mera indisponibilità dell’autoveicolo, dando luogo ad una “massima di esperienza” al riguardo, per cui in proposito non pare potersi legittimamente ricorrere alla prova presuntiva, dovendosi invece esigere la prova che i concreti bisogni di mobilità del proprietario siano stati effettivamente frustrati dall’indisponibilità del veicolo (ovvero siano stati forzatamente sopperiti mediante il ricorso oneroso ad un veicolo sostitutivo).Scarica l'intero estratto in PDF(Nota a sentenza: Cassazione civile, Sez. III, 9 marzo 2011, n. 5543; Cassazione civile, Sezione III, 9 agosto 2011, n. 17135; Cassazione civile, Sezio III, 8 maggio 2012, n. 6907, in La responsabilità civile 2012, 852).

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