Personalizzazione del danno biologico: quando la liquidazione può superare il “range” tabellare?

Personalizzazione del danno biologico: quando la liquidazione può superare il “range” tabellare?
01 Marzo 2019: Personalizzazione del danno biologico: quando la liquidazione può superare il “range” tabellare? 01 Marzo 2019

Con la sentenza n. 2788/2019, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di personalizzazione del danno biologico.

Nel caso di specie, un’azienda ospedaliera di Roma era stata convenuta in giudizio per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti dall'attrice a fronte dell'esecuzione colposamente inidonea di un intervento chirurgico effettuato per il trattamento di un'ernia discale, seguito da una seconda operazione solo parzialmente riparatrice, con conseguente necessità, in chiave terapeutica, di significative cure fisioterapiche e farmacologiche.

Il Giudice di primo grado aveva accolto la domanda risarcitoria, condannando l’azienda ospedaliera, e la Compagnia sua assicurativa, chiamata in garanzia.

Successivamente, la Corte di appello adita aveva riformato parzialmente la predetta pronuncia, riducendo il risarcimento liquidato per il danno da invalidità permanente, che era stata rideterminata in minor misura.

L’appellata era quindi ricorsa per cassazione, censurando, tra le altre, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2059 c.c., per l’omessa personalizzazione del danno biologico.

La Corte di Cassazione ha accolto solo alcuni dei motivi di ricorso, tra cui proprio quello relativo alla predetta personalizzazione.

I Giudici di Piazza Cavour, infatti, dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale e di legittimità sviluppatasi in tema di danno non patrimoniale, hanno osservato che “la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può inoltre essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari; le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo “l’id quod plerumque accidit" (ossia quelle che qualunque persona con la medesima invalidità ovvero lesione non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.

In questo senso, va ribadito che ai fini della c.d. "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente patirebbe), spetta al [giudice] far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse all'esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, meritevoli in quanto tali di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (Cass., 21/09/2017, n. 21939)”.

La "personalizzazione", quindi, può riguardare esclusivamente “le eccezionali conseguenze dannose che, rispetto a quelle (da ritenere) incluse nello "standard" statistico sintetizzato dal punto d'invalidità, permettano e anzi, quando del caso, impongano un incremento rispetto a quel "range" [tabellare]”.

Facendo applicazione di tali principi alla fattispecie in esame, pertanto, la Corte di Cassazione ha rilevato che la censura di cui al primo motivo di ricorso aveva colto nel segno nella parte in cui si sostanziava in una critica all'omessa personalizzazione del danno, risultando fondata, poiché la Corte territoriale non aveva apprezzato l'eccezionalità delle conseguenze relazionali del danno biologico subito dall’attrice, che, nel particolare caso, aveva comportato la preclusione di “tutte quelle attività, lavorative e non, che impongono continue sollecitazioni meccaniche della colonna cervicale".

In questo caso, infatti, si trattava di conseguenze correlate a un'irripetibile "eccezionalità" del profilo dinamico relazionale.

Per tali ragioni, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

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