La struttura sanitaria non risponde degli errori professionali commessi da medici “locatari”

La struttura sanitaria non risponde degli errori professionali commessi da medici “locatari”
09 Aprile 2025: La struttura sanitaria non risponde degli errori professionali commessi da medici “locatari” 09 Aprile 2025

La struttura sanitaria che abbia concesso in locazione alcuni suoi immobili ad una società di medici non risponde dei danni causati da uno di questi ad un paziente, in quanto il rapporto di locazione tra una struttura ed un medico, ed a maggiore ragione tra una struttura ed una società di medici, non comporta che la prima debba rispondere degli errori professionali dei secondi.
È questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 8163, pubblicata il 27.3.2025.
IL CASO. Una casa di cura era stata citata in giudizio da un paziente che aveva subito danni alla vista a seguito di un intervento laser agli occhi eseguito in tale struttura, unitamente al medico che aveva materialmente eseguito l’operazione.
La struttura aveva eccepito la sua estraneità al fatto, in quanto il suo rapporto con il medico era di semplice locazione di un locale all’interno della struttura, nonché della strumentazione necessaria per effettuare la prestazione medica.
Il Tribunale di Ascoli Piceno aveva rigettato la domanda, sulla scorta di una CTU che aveva dubitato della sussistenza del nesso di causa tra l’operazione e il danno alla vista subito dal paziente.
Tale decisione, tuttavia, è stata riformata dalla Corte d’appello che aveva inteso diversamente le risultanze emerse in sede di consulenza tecnica ed aveva ritenuto la causalità come altamente probabile.
Pertanto, i giudici d’appello avevano condannato il medico e la casa di cura a risarcire il paziente, ritenendo la struttura responsabile ai sensi dell’art. 1218 c.c. perché, sebbene tra la stessa e il medico non esisteva un rapporto di lavoro subordinato, quando il chirurgo ha operato all’interno della clinica, ha assunto la veste di ausiliario necessario della struttura stessa.
Invero, secondo la Corte d’appello, tra il medico e la casa di cura intercorreva un contratto con effetti protettivi per il paziente per il quale a fronte del pagamento del corrispettivo, sorgono a carico della clinica obblighi di tipo alberghiero, di messa a disposizione del personale, di fornitura dalle strutture necessarie, nonché di quanto necessario anche a far fronte all'insorgere di eventuali complicazioni.
Avverso tale decisione, la casa di cura e il suo assicuratore, chiamato in causa dalla stessa, hanno proposto ricorso per cassazione.
LA DECISIONE. La Suprema Corte, con la decisione dianzi citata, ha anzitutto precisato che il contratto con effetti protettivi verso il terzo era uno schema utilizzato in passato e non più seguito dalla giurisprudenza di legittimità.
Secondariamente, la Corte ha rammentato che la responsabilità della struttura sanitaria, anche prima della legge del 2017, presupponeva che vi sia un rapporto di tipo professionale tra il medico e la struttura stessa, in forma autonoma o dipendente, e cioè presupponeva che la struttura sia coinvolta nella prestazione sanitaria.
Infatti, essa risponde del fatto del medico qualora si sia avvalsa del suo operato, nell'adempimento della propria obbligazione.
In altre parole, la struttura deve aver assunto un’obbligazione verso il paziente e, per adempiervi, deve avvalersi del medico.
Non basta, quindi, un rapporto di locazione con la società di cui è socio il medico che ha eseguito l’operazione, in quanto la locazione non comporta assunzione di una obbligazione alla prestazione sanitaria in capo al locatore, né può dirsi che costui trae utilità dall'attività svolta da conduttore nei locali dati in godimento.
In definitiva, la Suprema Corte ha accolto entrambi i ricorsi e cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello in diversa composizione.

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