

25 Giugno 2025
IL CASO. Un pedone aveva proposto una domanda risarcitoria nei confronti del Comune di Bisceglie ritenendolo responsabile delle lesioni subite a causa di una caduta provocata da una buca presente sul manto stradale.
Il Tribunale di Trani, in riforma della decisione del Giudice di pace di Bisceglie, aveva respinto la domanda risarcitoria e condannato il pedone al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale, la caduta e le conseguenti lesioni non erano imputabili a responsabilità del Comune ai sensi dell'art. 2051 c.c., ma dovevano essere causalmente ricondotte, in via esclusiva, al comportamento incauto del danneggiato.
Avverso la sentenza del Tribunale, il pedone aveva proposto ricorso per cassazione.
LA DECISIONE. La Suprema Corte, con
sentenza n. 15355, pubblicata il 9.6.2025, ha precisato che la responsabilità del custode di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e per la sua configurazione è sufficiente la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito.
Il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode.
In tal senso, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell'art. 1227, primo comma, c.c., e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.
Invero, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.
La Corte, dunque, ha rilevato come il Tribunale, con valutazione di fatto debitamente motivata e quindi insindacabile, avesse accertato che la visibilità era buona e che la buca fosse facilmente evitabile dal pedone, il quale peraltro avrebbe potuto attraversare la strada lungo un attraversamento pedonale, sito a pochi passi dal luogo del sinistro.
Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e confermato la decisione del Tribunale di Trani.