Nessuna violazione del diritto d’autore se ci si appoggia ad un music provider

Nessuna violazione del diritto d’autore se ci si appoggia ad un music provider
02 Gennaio 2019: Nessuna violazione del diritto d’autore se ci si appoggia ad un music provider 02 Gennaio 2019

Con la sentenza n. 53316/18, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di diritto d’autore.

Nel caso di specie il titolare di una farmacia veneta era stato imputato del reato di cui all’art. 171, comma 1, lett. a) della Legge n. 633/1941 perché, in qualità di legale rappresentante della predetta farmacia, aveva diffuso 553 brani musicali senza aver assolto agli oneri relativi ai diritti connessi di spettanza della S.C.F. S.r.l. (Società Consortile Fonografici).

Sia il Tribunale che la Corte d’appello, però, avevano dichiarato prive di fondamento le contestazioni formulate dalla Procura della Repubblica, ritenendo che mancasse l’elemento soggettivo del reato e, quindi, la consapevolezza e volontà da parte del farmacista di eludere il pagamento dei diritti d’autore.

Egli, infatti, risultava aver sottoscritto un contratto regolare con un music provider, nel quale il secondo aveva dichiarato di essere licenziatario di Siae e Scf e, soprattutto, di aver assolto ad ogni obbligo di legge legato alla propria attività.

Inoltre, vista la complessità della materia, era fortemente dubbia la volontà del farmacista di non adempiere all’obbligo nei confronti della Scf (e dunque il dolo), motivo per il quale lo stesso si era rivolto ad un music provider.

Tuttavia, la Procura Generale presso la Corte d’appello non aveva condiviso la pronuncia di secondo grado ed aveva proposto ricorso per cassazione.

A parere del ricorrente, infatti, doveva ritenersi irrilevante l’invocato errore, che “era caduto su un elemento sostanzialmente estraneo alla fattispecie incriminatrice e comunque non giustificabile per gli obblighi di informazione sulle disposizioni relative ad un determinato settore di attività economiche gravanti su un soggetto che le esercitava in maniera professionale”.

In altre parole, valorizzando semplicemente l’oggettività della materia, “di nicchia e non nota a chiunque”, il rischio era quello di legittimare ampie sacche di impunità in settori regolati da norme penali di particolare complessità e tecnicismo.

I Giudici di piazza Cavour, però, non hanno ritenuto di accogliere il ricorso presentato dalla Procura Generale.

La Corte, infatti, ha condiviso le conclusioni dei giudici di merito, affermando che l’imputato non avrebbe potuto rendersi conto dell’inadempimento degli oneri a suo carico “trattandosi peraltro di questioni tecniche e fiscali complesse e particolari; il reato contestato (trattandosi di delitto doloso) richiedeva pertanto una consapevolezza e volontà di elusione da parte dell’imputato che non è stata dimostrata in alcun modo in sede di indagine”.

Inoltre, “la laurea in farmacia non rilevava, all’evidenza, al fine di ritenerlo un soggetto particolarmente qualificato ed al corrente del diritto d’autore e della proprietà intellettuale, tanto che si era affidato ad un music provider”.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla Procura Generale presso la Corte d’appello di Venezia.

Altre notizie