Antifrode: è concorso in truffa dichiarare per iscritto di aver assistito ad un incidente mai avvenuto

Antifrode: è concorso in truffa dichiarare per iscritto di aver assistito ad un incidente mai avvenuto
18 Gennaio 2019: Antifrode: è concorso in truffa dichiarare per iscritto di aver assistito ad un incidente mai avvenuto 18 Gennaio 2019

Come è risaputo, colui che chiede di essere risarcito per i danni asseritamente causatigli da un incidente in realtà mai avvenuto commette il reato di truffa (art. 640 c.p.) ovvero di frode assicurativa (art. 642 c.p.), se la richiesta è rivolta ad un assicuratore.

Ma quella di chi avvalora tale richiesta, rilasciando una dichiarazione scritta di aver assistito ad un simile incidente (come sovente avviene) è una condotta penalmente rilevante?

A questo interrogativo risponde la recentissima sentenza n. 932/2019 della Cassazione penale, pronunciata sul ricorso promosso da una persona che era stata condannata per concorso in truffa proprio per aver “reso una falsa dichiarazione scritta quanto alla verificazione di un sinistro… mai verificatosi” che il preteso danneggiato (giudicato separatamente) aveva presentato assieme alla richiesta di risarcimento inoltrata al Comune proprietario della strada nella quale asseriva questo fosse avvenuto.

 La difesa della ricorrente aveva censurato la sentenza d’appello per non aver considerato che, a suo avviso, “la dichiarazione emessa” dall’imputata “non aveva la minima forza artificiosa di indurre in errore il soggetto passivo”, come sarebbe stato dimostrato dal fatto che “sin da subito l'operatore comunale incaricato di controllare le richieste si era reso conto delle presunte anomalie” del sinistro. Inoltre, a torto la Corte d’appello avrebbe ritenuto “essenziale per la realizzazione di una iniziativa truffaldina nei confronti del Comune” la medesima dichiarazione. Ed, ancora, il Giudice del merito non avrebbe dimostrato che la dichiarante “fosse a conoscenza” della volontà della pretesa danneggiata “di compiere una truffa”, usufruendo della dichiarazione in parola.

La sentenza ha respinto il ricorso, ritenendo adeguatamente motivata la sentenza di condanna dell’imputato.

Ciò in relazione al fatto che la Corte territoriale avesse motivato la propria decisione anzitutto osservando che le “false dichiarazioni di aver assistito ad un incidente in realtà inesistente, anche in ragione della mancata allegazione di una spiegazione alternativa, non poteva[no]” esser state formulate, se non “al consapevole scopo di concorrere… nel tentativo di ottenere una somma ed avere un vantaggio patrimoniale”.

Tale condotta aveva integrato “l’artificio consistente nel far credere ai dipendenti del Comune” deputati ad esaminare la richiesta di risarcimento “che esisteva un testimone oculare dell’occorso e che, quindi, la richiesta era fondata”.

In tal modo la falsa dichiarazione “costituiva una “componente materiale della macchinazione” posta in essere” dalla sedicente danneggiata, il che valeva ad escludere che essa fosse priva della necessaria “forza artificiosa di indurre in errore il soggetto passivo” e portava, al contrario, ad attribuirle un ruolo “essenziale” ai fini della macchinazione truffaldina.

Osserva, invero, la Corte, a questo proposito, essere “dato di comune esperienza che ai fini della verifica di un sinistro il primo elemento da riscontrare è quello della presenza di testimoni in grado di confermare il fatto storico”, scopo al quale era, per l’appunto, diretta l’anzidetta dichiarazione.

Né in contrario, secondo la Corte, valeva osservare che comunque la truffa era stata comunque scoperta, poiché “i responsabili del Comune hanno scoperto l’inganno” solo “dopo approfondite verifiche” e perché “insospettiti dalla circostanza che la sedicente danneggiata aveva allegato un preventivo di danni anteriore alla data del sinistro”.

La Corte ha, inoltre, confermato la valutazione del Giudice d’appello, che aveva escluso la non punibilità della predetta condotta per particolare tenuità del fatto (ex art. 131 bis c.p.), “in ragione del potenziale danno per il Comune, tutt’altro che trascurabile (oltre 2.600,00 euro)”.

 

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