Il danno da occupazione sine titulo non è in re ipsa, ma può essere provato presuntivamente, se il danneggiato allega i fatti fondativi della prova presuntiva

Il danno da occupazione sine titulo non è in re ipsa, ma può essere provato presuntivamente, se il danneggiato allega i fatti fondativi della prova presuntiva
12 Maggio 2021: Il danno da occupazione sine titulo non è in re ipsa, ma può essere provato presuntivamente, se il danneggiato allega i fatti fondativi della prova presuntiva 12 Maggio 2021

L’ordinanza n. 39/2021 (pubblicata il 7.1.2021) della Cassazione civile si è pronunciata sul tema del risarcimento del danno da occupazione sine titulo di un immobile, che è oggetto di vivace contrasto giurisprudenziale “che vede contrapporsi un orientamento che considera il danno in re ipsa (cfr. ex multis Cass. 9137/2018), ad un altro per cui il danno da occupazione abusiva debba comunque essere oggetto di dimostrazione da parte del danneggiato, richiedendo a tal fine che egli provi l'effettiva lesione derivante dall'abusiva occupazione (cfr. da ultimo, Cass. n. 13071/2018)”.

La questione non è puramente teorica, poiché dalla soluzione accolta deriva il regime probatorio cui deve sottostare il danneggiato, che il primo orientamento esonera da qualsiasi onere al riguardo, a differenza di quel che avviene qualora l’interprete opti per il secondo.

Non è inutile evidenziare come il primo indirizzo risulti incoerente rispetto ad un orientamento di carattere generale della Suprema Corte che, ormai da anni, ha abbandonato l’idea che esistano danni in re ipsaattesa l'impredicibilità” di pregiudizi di tal genere “nell'attuale sistema della responsabilità civile” (ex multis: Cass. civ. n. 17806/2020).

In questo caso la Sesta sezione della Corte ha inteso “dare continuità alla più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. N. 32108/2019; Cass. N. 1657/2019), che, ha rilevato che nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subìto dal proprietario è in realtà oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull'id quod plerumque accidit, ha carattere relativo, iuris tantum, e quindi ammette la prova contraria (Cass. 7 agosto 2012, n. 14222; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20823; Cass. 9 agosto 2016, n. 16670), non potendosi quindi correttamente sostenere che si tratti di un danno la cui sussistenza sia irrefutabile, posto che la locuzione "danno in re ipsa" va tradotta in altre ("danno normale" o "danno presunto"), più adatte ad evidenziare la base illativa del danno, collegata all'indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l'occupante alla prova dell'anomala infruttuosità di uno specifico immobile.

Ciò nondimeno, l’ordinanza in questione ha rigettato il ricorso con il quale il danneggiato si doleva che la Corte territoriale gli avesse negato il risarcimento richiesto con la motivazione che egli si era limitato ad allegare “in maniera del tutto indicativa il valore del canone di locazione” ricavabile dall’immobile abusivamente occupato.

Infatti, la Suprema Corte ha ritento incensurabile la sentenza d’appello, poiché questa aveva ritenuto “che il convenuto in realtà non solo non aveva provato ma ancor prima nemmeno allegato le circostanze dalle quali far discendere in via presuntiva l'esistenza del danno richiesto”.

Infatti, la Corte ha osservato che la sola allegazione anzidetta si riduceva “ad una riproposizione della nozione di danno in re ipsa” e che la prova presuntiva del danno subito dal proprietario, pur costituendo “un alleggerimento dell'onere probatorio”, non poteva arrivare al punto di esonerarlo dall’”allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (Sez. 3, n. 13071, 25/5/2018, Rv. 648709)”.

In effetti, nel caso deciso, il danneggiato non aveva “mai provato - né adeguatamente allegato le circostanze idonee a fondarlo - alcun danno derivante dall'occupazione sine titulo dell'immobile da parte delle sue controparti”, essendosi limitato, come detto, ad allegare il “valore del canone di locazione" dell’immobile, “senza mai dimostrare di aver perso occasioni favorevoli per locare l'immobile, ovvero di aver sofferto altri pregiudizi patrimoniali, lasciando così la sua pretesa sfornita di allegazione e prova, che correttamente i giudici di merito hanno provveduto a respingere.

Merita di esser sottolineato che, pochi giorni dopo, la stessa Sesta sezione della Corte, con l’ordinanza n. 659/2021 (pubblicata il 15.1.2021), è tornata ad affermare il principio di diritto opposto, sostenendo che “nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario è "in re ipsa", discendendo dalla perdita della disponibilità del bene, la cui natura è normalmente fruttifera, e dalla impossibilità di conseguire l'utilità da esso ricavabile, sicché costituisce una presunzione "iuris tantum" e la liquidazione può essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cd. danno figurativo, quale il valore locativo del bene usurpato”.

Ciò che renderebbe vieppiù opportuna una rimessione della questione alle Sezioni Unite, auspicabilmente per allineare la giurisprudenza sul tema al suddetto orientamento di carattere generale che nega diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento alla categoria del danno in re ipsa.

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