La qualificazione giuridica dei messaggi Whatsapp

La qualificazione giuridica dei messaggi Whatsapp
28 Novembre 2022: La qualificazione giuridica dei messaggi Whatsapp 28 Novembre 2022

IL FATTO. La Corte d’appello di Milano aveva confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Milano nei confronti di Tizio, in relazione al reato di indebito utilizzo dei strumenti di pagamento di pagamento di cui all’art. 493 ter c.p. Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato il quale, in particolare, lamentava la violazione di legge in relazione all’art. 234 c.p.p. per l’acquisizione e l’utilizzazione dei messaggi Whatsapp in assenza dell’apparecchio cellulare dal quale erano stati estratti. Secondo la difesa, quindi, tali messaggi sarebbero stati inutilizzabili e non avrebbero potuto essere posti a fondamento della decisione.

LA DECISIONE. Con la sentenza n. 39529 del 19 ottobre 2022, la Corte di Cassazione penale ha, anzitutto, evidenziato, con specifico riferimento all’inutilizzabilità dei messaggi Whatsapp, come la Corte d’appello si fosse correttamente conformata alla recente giurisprudenza di legittimità secondo la quale “in tema di mezzi di prova, i messaggi Whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 c.p.p.” (Cass. pen. 12/11/2019 n.  278124).

Ancora, ha osservato che, qualora non sia in corso un’attività di captazione delle comunicazioni, “il testo di un messaggio sms, fotografato dalla polizia giudiziaria sul display dell’apparecchio cellulare su cui esso è pervenuto, ha natura di documento la cui corrispondenza all’originale è asseverata dalla qualifica soggettiva dell’agente che effettua la riproduzione, ed è, pertanto, utilizzabile anche in assenza del sequestro dell’apparecchio” (Cass. pen. 20/02/2019 n. 21731).

Il ricorso è stato, quindi, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute per il grado.

La Suprema Corte, quindi, con questa decisione non solo ha confermato che le conversazioni intrattenute attraverso l’utilizzo di strumenti informatici costituiscono una forma di memorizzazione di un fatto storico comparabile ad una prova documentale, ma ha anche “superato” quel limite che la precedente giurisprudenza aveva fissato per l’utilizzabilità della messaggistica Whatsapp, ovvero condizionata dall’acquisizione del supporto (telematico o figurativo) contenente la registrazione.

Con la presente decisione, la Corte ha, quindi, ammesso l’utilizzabilità dei contenuti di messaggistica anche in assenza del dispositivo dal quale gli stessi sono stati estratti.

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