L’imprudenza del lavoratore non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’azienda

L’imprudenza del lavoratore non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’azienda
10 Novembre 2021: L’imprudenza del lavoratore non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’azienda 10 Novembre 2021

IL CASO. Tizio, dipendente di una cooperativa che operava presso lo stabilimento della società Beta, conveniva in giudizio la propria datrice di lavoro (appaltatrice) e la committente per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’infortunio sul lavoro occorsogli. Egli, infatti, durante delle operazioni di spostamento delle merci rimaneva in una zona di lavorazione “a rischio residuo”, anziché spostarsi nell’area sicura, e veniva colpito da un pacco di lamiere a causa dell’oscillazione del carico.
In primo grado il Tribunale aveva rigettato le domande di risarcimento, ritenendo l’infortunio attribuibile a colpa esclusiva del lavoratore. 
La pronuncia di primo grado veniva confermata anche in grado d’appello in quanto ad avviso della Corte non era stata dimostrata “una omessa vigilanza datoriale e della committente” e riconosciuta, invece, “una unica condotta anomala posta in essere, inopinatamente, nell’occasione dell’infortunio, dal lavoratore”.
Avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello proponeva ricorso per cassazione il lavoratore affidandolo a due motivi.
In particolare, con il primo motivo, il lavoratore lamentava la violazione o falsa applicazione delle norme che disciplinano il dovere di vigilanza incombente sul datore di lavoro e che, quindi, la Corte avesse errato nel riconoscere la colpa esclusiva dell’infortunio nel suo comportamento imprudente, senza considerare che proprio questo comportamento era idoneo a disvelare la responsabilità datoriale sotto il profilo della mancata vigilanza e della violazione delle misure di sicurezza.

LA DECISIONE. La suprema Corte, Sezione lavoro, con l’ordinanza n. 25597 del 21.9.2021, ha anzitutto evidenziato che “l’obbligo di sicurezza posto a carico del datore di lavoro” impone di “adottare non solo le particolari misure tassativamente previste dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare l’integrità psico – fisica del lavoratore, in base all’esperienza ed alla tecnica tenuto conto della concreta realtà aziendale e degli specifici fattori di rischio”.
Inoltre, la Corte ha osservato che “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore anche dagli incidenti ascrivibili a sua imperizia, negligenza ed imprudenza”.
Pertanto, il datore di lavoro è tenuto a proteggere l’incolumità dei lavoratori e “a prevenire anche i rischi insiti nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia dei medesimi lavoratori nell’esecuzione della prestazione” e la sua responsabilità è esclusa solo se “il danno è provocato da una condotta del lavoratore del tutto atipica ed eccezionale rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevuta in modo da porsi come causa esclusiva dell’evento dannoso”.
La Suprema Corte ha, quindi, concluso affermando che “l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro posto dall’art. 2087 c.c., non può dirsi adempiuto se le misure di prevenzione adottate nella organizzazione delle modalità operative della prestazione, da parte del datore di lavoro e dal committente, non siano idonee ad eliminare del tutto, o, comunque, nella misura massima possibile secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore, sicchè ove l’infortunio costituisca realizzazione di tali rischi deve anche escludersi il concorso di colpa del lavoratore”.
La Suprema Corte ha, quindi, accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’appello in diversa composizione.

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