Non è vessatoria la clausola del contratto r.c. auto con la quale l’assicurato si obbliga a far aggiustare l’autovettura danneggiata ad un riparatore convenzionato

Non è vessatoria la clausola del contratto r.c. auto con la quale l’assicurato si obbliga a far aggiustare l’autovettura danneggiata ad un riparatore convenzionato
28 Giugno 2018: Non è vessatoria la clausola del contratto r.c. auto con la quale l’assicurato si obbliga a far aggiustare l’autovettura danneggiata ad un riparatore convenzionato 28 Giugno 2018

Con la sentenza n. 11757/2018 la Cassazione si è pronunciata per la prima volta sulle clausole dei contratti assicurativi r.c. auto con le quali l’assicurato, a fronte di uno sconto sul premio, si obbliga a far riparare la propria auto, in caso di incidente di cui non sia responsabile, presso un riparatore convenzionato con l’assicuratore.

Com’è noto, questo genere di clausola si è diffusa nel mercato assicurativo italiano durante l’ultimo decennio, trovando la resistenza dei riparatori e dando luogo ad un certo contenzioso.

Alcune decisioni di merito che ne aveva affermato la vessatorietà e, dunque, l’inefficacia (ad esempio: Giudice di pace di Torino n. 764/14, Giudice di pace di Pinerolo n. 262/15, Tribunale Torino n. 1530/2017), con motivazioni, per la verità, per nulla pertinenti al disposto dell’art. 1341 c.c., come quella per cui essa avrebbe concretato una “restrizione della libertà contrattuale dell’assicurato”.

Di tutt’altro avviso si è però dimostrata la Cassazione.

Confermando una sentenza del Tribunale di Torino, che a sua volta aveva rigettato l’appello dia una carrozzeria cessionaria del credito di un danneggiato contro una decisione del Giudice di pace subalpino, la Suprema Corte ha condiviso l’idea che un simile patto contrattuale, in realtà, sia conforme a quanto disposto dall’art. 2058 c.c..

La Corte ha fatto propria la motivazione della sentenza d’appello secondo la quale “la clausola in questione che lega il ristoro del pregiudizio da parte dell'assicuratore alla reintegrazione in forma specifica non può considerarsi come vessatoria”, né ai sensi dell’art. 1341, secondo comma c.c, né a quelli dell’art. 33, comma primo del d. lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo).

In realtà, tanto basterebbe a dirimere la questione, posto che è la legge stessa a consentire al danneggiato di scegliere la reintegrazione in forma specifica del danno, anziché per equivalente, ragion per cui non si vede come si possa ritenere che gli sia vietato di prestare preventivamente il proprio consenso a questa forma di risarcimento per il caso che abbia a subire, in futuro, un danno indennizzabile a termini di polizza.

Ma la Corte ha opportunamente ritenuto di affermare come, in ogni caso, un simile patto non possa considerarsi vessatorio, non essendo certo diretto a limitare la “responsabilità dell'assicuratore (ovvero… le conseguenze della colpa, dell'inadempimento o escluda il rischio garantito)”, così da ricadere nella previsione dell’art. 1341 c.c., ma essendo invece finalizzato a precisare l’oggetto del contratto (nel caso specifico: le modalità di esecuzione della prestazione dovuta dall’assicuratore).

Né esso è suscettibile di “determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, sì da essere assoggettabile al disposto del citato art. 33.

Ciò in quanto “il contraente assicurato, al momento della stipula della polizza … non fa altro che «assumere una libera scelta in forza della quale, egli, stipulando il contratto, ottiene i vantaggi descritti in polizza mentre a lui viene semplicemente imposto di rivolgersi esclusivamente ai soggetti facenti parte del servizio” di riparazione organizzato dall’assicuratore ,“i quali, senza alcun aggravio o limitazione o compressione del suo diritto, provvedono ai necessari ripristini”.

In altre parole, l’assicurato è libero di rinunciare preventivamente, mediante la suddetta clausola, alla propria “libera scelta” del riparatore cui affidare il proprio veicolo danneggiato, sia perché ciò non è vietato da alcuna norma imperativa, sia in quanto, a fronte di tale rinuncia, consegue dei vantaggi, senza dover subire alcun aggravio.

Per completezza va soggiunto che l’art. 1, comma 9, della Legge n. 124/2017, n. 124 ha aggiunto all’’art. 148 del Codice delle assicurazioni il comma 11 bis, secondo il quale “resta ferma per l'assicurato la facolta' di ottenere l'integrale risarcimento per la riparazione a regola d'arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia abilitate ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 122”.

In questa disposizione non è possibile scorgere un divieto derogatorio alla previsione dell’art. 2058 c.c., tale da escludere la validità delle clausole contrattuali anzidette.

Infatti, quella che la norma “tien ferma” è una facoltà dell’assicurato, alla quale pertanto questi può liberamente rinunciare, come gli consente l’art. 2058 c.c., opzione questa che, indiscutibilmente, egli può esercitare anche in virtù di un patto contrattuale.

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