Per la Cassazione l’assegno divorzile è dovuto in caso di provata sperequazione reddituale tra gli ex coniugi

Per la Cassazione l’assegno divorzile è dovuto in caso di provata sperequazione reddituale tra gli ex coniugi
01 Agosto 2019: Per la Cassazione l’assegno divorzile è dovuto in caso di provata sperequazione reddituale tra gli ex coniugi 01 Agosto 2019

IL CASO. Tizia aveva impugnato avanti alla Corte d’appello di Napoli la sentenza con cui il Giudice di primo grado aveva rigettato la sua domanda di assegno divorzile nei confronti dell’ex coniuge Caio.
La Corte d’appello aveva rigettato il gravame, ritenendo che Tizia non avesse “dimostrato la mancanza di adeguati mezzi economici né di non essere in grado di procurarseli, non avendo prodotto la documentazione dimostrativa degli stessi, ciò precludendo il confronto reddituale tra le parti”. 
Avverso questa sentenza Tizia aveva, quindi, proposto ricorso per cassazione, in base a cinque motivi. 
Col primo ha denunciato la “violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6”; col secondo l’“omesso esame dei fatti, ritenuti decisivi per il giudizio, della percezione da parte [di Caio] di rendite immobiliari, in aggiunta al reddito da lavoro dipendente, nonché della percezione da parte dello stresso di un reddito netto, nel 2003, superiore a quello indicato; in conclusione, … la significativa capacità economica dell’ex coniuge, contrariamente alla sua, essendo essa disoccupata e priva di redditi”. 
Col terzo ed il quarto motivo Tizia ha, quindi, denunciato la “violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per avere trascurato che [essa] aveva svolto lavori in nero che non poteva dimostrare documentalmente, dai quali ricavava redditi comunque insufficienti a farle conservare il tenore di vita matrimoniale” e l’“omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal suo stato di disoccupazione risultante da un certificato del Centro per l’impiego della provincia di Ravenna”. 
Il quinto motivo riguardava, invece, “un’affermazione della Corte d’appello - circa la convivenza [di Tizia] con altra persona”. 

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10781/2019, ha rigettato il ricorso. 
Quanto al primo motivo, l’ha ritenuto “in parte inammissibile, perché del tutto astratto e avulso dalla fattispecie concreta, e infondato nella parte in cui lamenta la violazione del principio secondo cui l’assegno divorzile deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”.
Nel farlo, la Corte ha affermato che “la funzione dell’assegno divorzile non è quella di ricostituire il tenore di vita coniugale (in tal senso S.U. n. 18287 del 2018; sez. I, n. 11504 del 2017), ma principalmente di assistere il coniuge privo incolpevolmente di mezzi adeguati e poi di riequilibrare le condizioni economiche degli ex coniugi, nei casi in cui vi sia la prova - di cui è onerato il coniuge richiedente l’assegno, trattandosi di fatto costitutivo del diritto azionato - che la sperequazione reddituale in essere all’epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte comuni di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”. 
Con riferimento, poi, al secondo motivo di gravame, il Giudice di legittimità ha affermato che “presenta profili di perplessità, laddove censura l’accertamento dei redditi dell’ex marito, pur contestualmente e contraddittoriamente riconoscendo al tribunale e alla corte d’appello di avere "sostanzialmente correttamente valutato la attuale forza reddituale del Sig. [Caio]", con riferimento sia al reddito da lavoro sia alle rendite da locazione e si appunta sull’entità dei redditi accertati con riferimento ad un anno (2003) risalente nel tempo e, quindi, non decisivo per l’esito del giudizio”. 
Nel caso di specie, infatti, “i giudici d’appello hanno giudicato non provata la sua allegazione di avere scarse capacità reddituali con statuizione alla quale la ricorrente si è limitata ad opporre genericamente di essere priva di redditi, senza precisare se, quando e quali prove - che, se ammesse e valutate, avrebbero senz’altro condotto ad un esito della decisione in senso diverso - abbia proposto al riguardo nel giudizio di merito. E ciò, come rilevato nella sentenza impugnata, ha precluso il confronto reddituale (vale a dire la comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti all’epoca della decisione sull’assegno) che, secondo le Sezioni Unite del 2018, è un passaggio necessario ai fini dell’attribuzione (e della quantificazione) dello stesso”. 
Quanto, poi, al terzo ed al quarto motivo, la Cassazione li ha ritenuti “inammissibili nella parte in cui sono diretti a criticare apprezzamenti di fatto incensurabili” e pure “infondati nella parte in cui la ricorrente rivendica l’inesistente diritto alla conservazione del tenore di vita matrimoniale, né a una diversa conclusione potrebbe giungersi valorizzando oltremodo la funzione anche perequativa e compensativa attribuita all’assegno divorzile dalle Sezioni Unite n. 18287 del 2018, nei casi in cui - come nella specie - il coniuge richiedente l’assegno non abbia dimostrato nel giudizio di merito di non avere redditi adeguati o di non poterseli procurare per ragioni oggettive”. 
Infine, con riferimento al quinto motivo di gravame, la Corte l’ha ritenuto “inammissibile, appuntandosi su un’affermazione della Corte d’appello - circa la convivenza [di Tizia] con altra persona - non costituente ratio decidendi della sentenza impugnata, avendo la stessa Corte rilevato la mancanza di rilievo della stessa ai fini della decisione”. 
Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha, quindi, colto l’occasione per ribadire il proprio più recente orientamento in base al quale l’ex coniuge ha diritto a percepire l’assegno divorzile se prova che, al momento del divorzio, sussiste una “sperequazione reddituale … direttamente causata dalle scelte comuni di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali [questi] abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”. 

Altre notizie