Videosorveglianza: le telecamere installate da privati possono inquadrare aree di pubblico transito solo previo accordo formale col Comune

Videosorveglianza: le telecamere installate da privati possono inquadrare aree di pubblico transito solo previo accordo formale col Comune
18 Maggio 2020: Videosorveglianza: le telecamere installate da privati possono inquadrare aree di pubblico transito solo previo accordo formale col Comune 18 Maggio 2020

Con la sentenza n. 3316 depositata il 17.03.2020, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si è interrogato sulla legittimità dei sistemi di videosorveglianza, installati da soggetti privati, qualora vadano ad inquadrare delle aree di pubblico transito. 

IL CASO. Un Centro residenziale, interamente recintato e completamente chiuso ad accessi esterni, aveva provveduto ad installare un sistema di videosorveglianza, a mezzo telecamere, per il controllo degli unici due varchi di ingresso - uscita alla pubblica via, peraltro da sempre chiusi con una sbarra. 

Il Comune, ritenuta la natura pubblica delle vie che attraversavano il Centro residenziale, lamentava che la decisione di procedere all’installazione di sistemi di videosorveglianza doveva ritenersi di competenza dell’autorità pubblica, ai sensi dell’art. 6, commi 7 e 8 del D.l. 11/2009, convertito in L. n. 38/2009., e, quindi, con ordinanza ne aveva ordinato la rimozione.

Il Centro residenziale, avverso la suddetta ingiunzione di rimozione aveva proposto ricorso al Tar del Lazio, deducendo, al contrario, la natura privata dei varchi di ingresso – uscita e di tutta la viabilità all’interno del Centro residenziale.

Il Comune, quindi, resisteva al ricorso, invocando invece la natura di pubblico transito delle strade della lottizzazione del Centro Residenziale, essendo questa comprovata da tutta una serie di interventi e servizi resi dal Comune in suo favore nel corso degli anni (tra i quali l’istituzione del servizio di trasporto pubblico urbano all’interno della lottizzazione, il rifacimento delle fognature, l’apposizione della segnaletica stradale, ecc.).

LA DECISIONE. Il Tar ha respinto il ricorso e ha confermato la liceità dell’ingiunzione di rimozione. I Giudici hanno, infatti, affermato che “l’installazione di impianti di videosorveglianza da parte di privati è consentita solo in rapporto all’area di stretta pertinenza della proprietà privata e con esclusione di aree pubbliche o soggette al pubblico transito, per le quali, invece l’installazione di impianti del genere compete al Comune per le finalità di prevenzione e tutela della pubblica incolumità ai sensi dell’art. 6, comma 7 del DL. 11/2009 conv. In l. 23.4.2009”.

Il Tar ha, quindi, evidenziato che la risoluzione della controversia dipendeva dall’accertamento della natura pubblica della rete viaria alla quale l’impianto di videosorveglianza accedeva, sia fisicamente che funzionalmente. A tal proposito, conformandosi alla pacifica giurisprudenza sul punto, il TAR ha evidenziato alcuni elementi univoci per il riconoscimento della qualità di strada comunale all’interno degli abitati ai sensi dell’art. 7, lett. C), L. n. 126 del 1958: l’iscrizione della strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico, l’insistenza di segnaletica stradale, la presenza di illuminazione pubblica, la percorrenza di linee pubbliche urbane, la funzione di raccordo con altre strade e lo sbocco su piazza e su pubbliche vie.

 Il Giudice amministrativo ha comunque ribadito che spetta, in ogni caso, alla parte privata offrire, a fondamento della propria azione, la prova della proprietà privata della via o dell’area, mediante la produzione dei titoli costitutivi del diritto, quali atti di acquisto a titolo originario oppure derivativo con le corrispondenti risultanze catastali; in alternativa deve essere dimostrata l’inesistenza del diritto di pubblico transito, mediante l’allegazione di condizioni di fatto attuali che siano ostative all’accesso generalizzato.

Prova che, nel caso di specie non è stata fornita dalla ricorrente.

Il collegio condividendo le tesi difensive del Comune, ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente ed ha, quindi, confermato che i privati possono inquadrare aree al pubblico transito solo previo accordo formale col Comune, unico autorizzato ad installarle per fini di polizia e pubblica sicurezza ai sensi della L. n. 38/09, tanto che le forze di Polizia locali hanno l’accesso esclusivo alle telecamere installate per motivi di sicurezza del territorio. Ha avuto modo, infine, di precisare che la tutela dei dati personali di tali riprese non è disciplinata dalla Direttiva 2016/679/UE (GDPR), ma dalla Direttiva 2016/680/UE (sull’attività di polizia).

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