Per le Sezioni Unite la claims made è (sempre stata) “tipica”, ma…

Per le Sezioni Unite la claims made è (sempre stata) “tipica”, ma…
01 Luglio 2019: Per le Sezioni Unite la claims made è (sempre stata) “tipica”, ma… 01 Luglio 2019


Il nuovo arresto delle Sezioni Unite sulla clausola claims made (n. 22437 del 24 settembre 2018), sotto l’impulso della tipizzazione delle sue diverse versioni da parte del legislatore, pone fine ad ogni speculazione in merito alla sua asserita atipicità e fa venir meno le ragioni del giudizio di meritevolezza cui l’aveva assoggettata la sentenza n. 9140/2016, ma non chiude affatto la partita al suo riguardo. 

Il supremo consesso della giustizia civile, infatti, ritiene che la clausola (quand’anche conforme al modello legislativo, nei casi di assicurazione obbligatoria) debba esser sottoposta ad un test di validità riguardante la sua “conformazione genetica”, con riferimento alla sua adeguatezza a soddisfare l’interesse dell’assicurato, in ragione del dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 della Costituzione e della clausola generale di buonafede, suscettibile di dar luogo alla nullità parziale del contratto di assicurazione.

Il test in questione dovrebbe riguardare anche la fase delle trattative precontrattuali, relativamente al rispetto degli obblighi informativi dell’assicuratore, e quella dell’esecuzione del contratto, relativamente ad eventuali clausole di recesso in caso di sinistro. 

Il nuovo orientamento così espresso dev’essere criticato sul piano teorico perché fa venir meno la distinzione tra regole di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto, confondendone la causa con l’oggetto e riducendo indebitamente l’autonomia contrattuale, ma anche su quello della certezza dei rapporti giuridici, perché determina molteplici e gravi conseguenze pratiche.

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